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Il quattrozampe era molto grave e la signora aveva chiesto all’Università presso la quale lavora di poter usufruire del beneficio che, in un primo tempo, le era stato negato. Poi, con l’aiuto della Lav, le è stato riconosciuto creando un importante precedente
La non cura di un animale di proprietà integra, infatti, secondo la Giurisprudenza, il reato di maltrattamento degli animali previsto dal Codice penale. Non solo ma vige il reato di abbandono di animale, come previsto dalla prima parte dell’articolo 727 del Codice penale. E’ evidente quindi che non poter prestare, far prestare da un medico veterinario cure o accertamenti indifferibili all’ animale, come in questo caso, rappresentava chiaramente un grave motivo personale e di famiglia, visto che la signora vive da sola e non aveva alternative per il trasporto e la necessaria assistenza al cane.
“Ora, con le dovute certificazioni medico-veterinarie, chi si troverà nella stessa situazione potrà citare questo importante precedente – ha dichiarato Gianluca Felicetti, presidente della LAV che ha aiutato la signora nella vertenza – un altro significativo passo in avanti che prende atto di come gli animali non tenuti a fini di lucro o di produzione siano a tutti gli effetti componenti della famiglia, è un altro passo avanti verso un’organica riforma del Codice Civile che speriamo il prossimo Governo e il prossimo Parlamento avranno il coraggio di fare, approvando la nostra proposta di Legge ferma dal 2008”. Così conclude la nota LAV.