Era l’ottobre del 2004. Joy era morto, o meglio, come dicono gli inglesi, era stato “messo a dormire” per risparmiargli i dolori atroci dell’osteosarcoma. Così la povera Teti era rimasta da sola e io avevo cercato di convincere i miei genitori a prendere un altro cane: erano sempre stati insieme, Joy e Teti, li avevamo presi insieme al canile e lei era quella che si appoggiava a lui, che aveva paura di tutto, chissà che vita aveva fatto prima, ma piano piano con noi aveva ripreso fiducia nella razza umana e si faceva coccolare, veniva a fare le passeggiate, anche se con le persone nuove era sempre molto schiva.
Un giorno riuscii a convincere mio padre ad andare di nuovo al canile e come al solito chiesi di vedere un cane che non fosse bello, né un cucciolo, uno di quelli che nessuno vuole e che è destinato a rimanere lì: ci portarono in vari recinti e tra i tanti cani che imploravano disperati di essere portati via, c’era anche lui, Ignazio: un cosino piccolo e brutto, tignoso e incazzoso, che litigava con cani molto più grandi di lui per farsi vedere. Mi dissero che quel nome glielo aveva dato la signora che lo aveva trovato e portato lì: mi chiesi perchè, se lo aveva trovato, non se lo era tenuta, ma non si può sapere, almeno aveva avuto la decenza di trovargli una “casa”, per quanto triste fosse il canile, e dargli la speranza che prima o poi una casa vera sarebbe arrivata anche per lui.
Quel giorno non riuscii a convincere mio padre a prendere lui o qualsiasi altro cane: la ferita di Joy era ancora aperta e il canile è un luogo disperato, per quanto i cani abbiano spazio, siano nutriti e curati, si sente la loro solitudine, il loro desiderio di venire a casa con te e come si può decidere, tra tutti, di prenderne uno, uno solo, e lasciare lì tutti gli altri?
Così tornammo a casa, ma io continuavo a pensare ad Ignazio e portai di nuovo tutta la famiglia al canile, stavolta anche mia madre, quella che già dopo la Kira aveva detto “mai più cani, io non voglio più soffrire così”: solo che era domenica e il canile era chiuso. Non mi arresi e, ricordando più o meno la zona dove lo avevo visto, girammo con la macchina intorno al perimetro esterno, che era cinto da una rete coperta con un telo verde. Ad un certo punto vidi qualcosa di scuro spuntare: qualcuno era riuscito a bucare il telo verde e stava facendo capolino…era proprio Ignazio! Me lo immaginavo che scavava e zampettava per aprirsi un varco e poter guardare fuori, ma in questo caso per poter essere visto: a questo punto non c’era scelta, non poteva essere un caso che tra tutti i cani che c’erano, proprio lui fosse riuscito a fare capolino mentre noi stavamo passando, era lui che voleva essere scelto, era lui che ci aveva scelto. Il giorno dopo tornammo al canile, io e mio padre e lo prendemmo: era un cosino rinsecchito pieno di pulci, lo portammo subito al lavaggio per cani di Ponte San Giovanni e anche loro si stupirono di quanto fosse sporco e pulcioso. Dopo averlo lavato ed asciugato, me lo riconsegnarono e lui si accoccolò subito in braccio a me, senza nessun timore, abbandonandosi al tepore della macchina con il riscaldamento acceso. Da allora Ignazio divenne il nostro “bucciotto”, il compagno di giochi affettuoso e sempre affamato, quello che ti saltava in braccio sulla panchina e ti porgeva la zampa, che “faceva il pollo”, mettendosi a pancia all’aria per farsi fare i grattini e le coccole, quello che scappava dal cancello per andare dalle cagnette del vicinato, ma poi tornava sempre, quello che amava fare il bagno quando d’estate lasciavamo una tinozza piena d’acqua in giardino così che si scaldasse al sole e lui si faceva insaponare e risciacquare, tutto contento, e non voleva mai uscire, quello che aspettava sempre che gli dessi il biscottino e poi lo divorava, senza neanche masticarlo. Alla fine non riusciva più a mangiare, ma il giorno che è stato messo a dormire ha avuto il suo ultimo biscottino, spezzettato e sbriciolato, dalle mani mie e di Mona e so che per l’ultima volta in vita sua è stato felice.
Grazie Ignazio, ci hai dato tanto amore e speriamo di averti ripagato con il nostro, ma probabilmente non sarà mai abbastanza: l’amore di un cane è puro, incondizionato e per sempre. Ciao, caro Ignazietto, mi manchi tanto.